ADNKRONOS

mercoledì 25 novembre 2009

IL DRAMMA DI VOLUSIANO NELLA VILLA DEL CASALE

C' è un elenco di monumenti e luoghi-immagine in Sicilia che registi e sceneggiatori sfogliano sempre più spesso prima di scegliere dove ambientare i loro lavori. Questo elenco è stato realizzato dalla Sicilia-Film Commission e presentato lo scorso maggio a Cannes. Tra queste "art-location" non poteva mancare la villa romana del Casale, già soggetto letterario per racconti di ambientazione storica (si pensi a Vincenzo Consolo, a Elio Motta, a Nino Savarese). La Villa continua a rimanere tra le mete privilegiate del turismo in Sicilia (315 mila presenze nel 2008), ma se ai tempi del Grand Tour viaggiatori come Jean Houel, rimanevano colpiti dal fascino delle rovine in un paesaggio aspro e selvaggio, con la scoperta dei mosaici nell' ultimo dopoguerra il fascino e il mistero del luogo si è accresciuto, e innumerevoli pubblicazioni hanno tentato di spiegare il perché di una villa patrizia così sontuosa in un luogo così impervio. Via via è stata interpretata come buen retiro di aristocratici romani delusi, alla maniera della villa dei "mostri" di Bagheria, oppure luogo di sollazzi carnali lontano da occhi indiscreti; in qualche caso come dimora occasionale di imperatori e più spesso come fattoria-modello nello sconfinato latifondo isolano. Vittorio Malfa, autore di saggi antropologici da poco convertito alla narrativa, ha cercato tra i committenti imperiali della Villa le ragioni della sua edificazione, e ne ha tratto un dramma spirituale intenso, espresso attraverso lo scambio epistolare tra due personaggi realmente vissuti nel quarto secolo dopo Cristo ("Volusiano", Bonfirraro editore, Caltanissetta, 112 pagine, 12 euro). Lo studio approfondito di testi storici e documenti epistolari poco noti, ha portato Malfa a ricostruire il linguaggio del tempo, utilizzando un metodo strutturale di scomposizione-ricomposizione ricavando episodi, bozzetti e travagli psicologici «che altrimenti si sarebbero perduti, restando freddamente imbalsamati in migliaia di immagini fissate nei mosaici» - come dice nell' introduzione Salvatore Cosentino. Il dramma di Volusiano, figlio di quel Ceionio Rufio Albino, console romano nel 335 dopo Cristo, probabile costruttore della villa, si esprime nella fitta corrispondenza con Nicomaco, suo compagno di sventure, rimasto a Roma quasi clandestino, per l' ostracismo manifestato dall' imperatore Costante verso il "partito" degli aristocratici del Senato. Volusiano ha avuto la fortuna di fuggire da Roma in quegli anni di persecuzione, malgrado egli stesso sia stato potente magistrato della famiglia romana dei Ceionii, di fede pagana per tradizione. Ma a nulla è valso il suo censo, anzi il fanatismo antiaristocratico è diventato intransigente. La villa del Casale diviene per il giovane dei Ceionii la nuova dimora, la residenza lontana dai clamori e dagli odi di parte. Attraverso le descrizioni del paesaggio si coglie il desiderio del giovane magistrato di lasciare alle spalle il suo passato, immerso in una natura tanto diversa dai luoghi dell' Urbe. La villa e i mosaici vengono descritti negli aspetti più particolareggiati, persino le pitture parietali acquistano un significato di grande effetto. Al dramma "politico" si aggiunge il dramma spirituale: la tranquillità dei luoghi spinge Volusiano a rivedere le sue convinzioni politeiste, a riflettere sulle tesi neoplatoniche di Plotino, ultimo difensore della paganità romana. I nuovi convincimenti cristiani emergono gradualmente, senza scosse, quasi un' evoluzione del pensiero che si coglie dal tono delle lettere a Nicomaco. L' esilio forzato non è la ragione di questo mutamento. Lo è certamente la "pietas" che nasce nell' animo del giovane magistrato dopo aver visto crollare le sue convinzioni razionali. Volusiano torna nell' Urbe "rigettandosi nella mischia". La permanenza nella Villa ha dato i suoi frutti. Al lettore è lasciato il dubbio su cosa abbia realmente spinto il rampollo dei Ceioni a rimettersi in discussione. Fin qui il racconto. Sullo sfondo un paesaggio che spinge alla contemplazione: rovine eccellenti che si trasformano in meta turistica, piccole valli boscate che diradano verso l' arsa piana gelese, torrioni medioevali che svettano sulle alte colline disabitate, piccoli santuari mariani che danno anima alla toponomastica dei luoghi, e infine, archeologi intenti allo scavo vicino alla Villa per riportare alla luce un villaggio medioevale che nasconde il primo abitato dell' odierna Piazza Armerina. Ma basterà il turismo a proteggere i luoghi? L' autore nel ringraziare gli amici dei gruppi archeologici che da anni si battono per la tutela, così come le istituzioni, - che già nel recente passato hanno dovuto difenderla da vendette di tipo mafioso, come accaduto al recentemente scomparso soprintendente Villari - lascia trasparire la sua vocazione didattica (per anni professore di latino al Liceo, ora alla Scuola superiore di Teologia) pensando a quelle scolaresche depositarie di tanta "memoria" non attratte tuttavia dalla cultura libresca. Tutte queste immagini e sensazioni tracciano la quotidianità dei luoghi che si arricchiscono oggi della "fiction" letteraria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA - CLAUDIO PATERNA


già pubblicato su "la Repubblica" — 19 novembre 2009 pagina 11 sezione: PALERMO

mercoledì 18 novembre 2009

Giovanni Speciale un leonfortese New York

40 Maratona di New York

Giovanni Speciale è stato il primo maratoneta leonfortese ha partecipare alla Maratona di New York, ottenendo un ottimo piazzamento su tanti partecipanti circa 44 mila provenienti da tutte le parti del mondo.


Allenamento al Central Park di Giovanni Speciale con il figlio Francesco


Trasferimento dall'albergo con il traghetto
Statua della Libertà
Un piccolo riposino prima della gara