ADNKRONOS

mercoledì 31 marzo 2010

Petrolio a Villa Romana del Casale di Piazza Armerina

Trovato petrolio nelle vicinanze della Villa Romana del Casale.
Già in rete alcune reazioni.

E' morto Nicola Arigliano

E' morto questa notte Nicola Arigliano. Il cantante, 87 anni, abitava da quattro anni a Calimera, in provincia di Lecce, nell'istituto 'Gino Cucurachi', un centro per anziani. Era originario di Squinzano, sempre in provincia di Lecce, dove era nato il 6 dicembre 1923.Tra i maggiori successi di Arigliano, una vita divisa tra il jazz e le apparizioni in tv, sono Un giorno ti dirò, Amorevole, I sing ammore, My wonderful bambina, I love you forestiera. Nel 1958 partecipò a Canzonissima e, successivamente, si fece notare in un programma televisivo dal titolo Sentimentale, condotto da Lelio Luttazzi, al quale partecipava come ospite fisso, insieme con Mina. L'omonima sigla diventò un disco di successo, inciso da entrambi i cantanti in due versioni differenti. Fu uno dei primi cantanti ad affacciarsi al jazz riscuotendo tanto successo. Una delle sue ultime apparizioni televisive al Festival di Sanremo di qualche anno fa.

mercoledì 10 marzo 2010

San Giuseppe

18 - 19 marzo - Leonforte (EN) San Giuseppe leonfortese. Quindici tavolate sparse in tutto il territorio comunale saranno invase da un esercito di turisti che giungeranno nella città della Granfonte per una delle feste più sentite dalla comunità. Via Stazione, Nunzio, Favarotta, Denaro, Condotti, piazza Cappuccini Piazza Margherita e corso Umberto ( villa Bonsignore), solamente alcune delle vie sedi dei numerosi altari che a partire da giovedì pomeriggio saranno visitate da tantissime persone che giungeranno a Leonforte per trascorrere una serata all’insegna della devozione ma anche per gustare vini, cardi, sfingi, finocchi, “pupidduzzi” (il noto pane benedetto) ed altri prodotti tipici offerti e distribuiti gratuitamente dagli organizzatori delle tavolate.

Già dal pomeriggio del 18, e per tutta la notte fino alle prime luci dell'alba, una moltitudine di gruppi festosi si riversa per le antiche strade di Leonforte impegnata a girari l'artara, un lungo peregrinare alla ricerca degli altari, individuati da inequivocabile segnaletica: un tempo una semplice scatola di scarpe foderata di carta velina rossa illuminata dall'interno così da potersi leggere, ritagliato sul coperchio, l'acronimo: W S.G. (Viva San Giuseppe), oggi magari sostituita da una più pretenziosa stella punteggiata di numerose luci. Gli altari o tavolate sono realizzate da chi ha "fatto voto" e consistono in una grande tavola imbandita oltre che di pane lavorato in particolarissime fogge (le "cuddure" a rappresentare il numero dei santi) anche dei più disparati alimenti, primizie, bevande, dolciumi. Il pane è sicuramente l'elemento fondamentale dell'altare, ed agli inizi doveva di certo rappresentare la ragion d'essere dell'altare stesso per il significato atavico che vi si attribuiva di "Grazia di Dio". Questi enormi pani che troneggiano sulle tavolate, vengono confezionati con squisita arte dalle massaie del vicinato e rappresentano vere e proprie sculture riproducenti santi o istoriati con fregi e motivi vegetali. La preparazione dell'altare, appunto, richiede l'apporto e lo sforzo dell'intero vicinato (S. Giuseppi voli traficu: S. Giuseppe esige un estenuante lavoro) oltre che per la lavorazione del pane, anche per l'approntamento delle varie frittate di cardi e finocchi, di sfingi, fave, ceci bolliti, ecc., non tutta roba che andrà a finire sull'altare, bensì distribuita alle centinaia di visitatori durante la lunga veglia del 18.L'altare viene concluso dal "cielo", ovvero da un drappeggio di veli da sposa disposti ad arte come un baldacchino, e da una immagine del Santo posta, tra i veli, proprio di fronte.La lunga notte della girata dill'artari: quando Leonforte è letteralmente invasa da una moltitudine di visitatori provenienti da ogni parte della Sicilia. Per ogni parte si avverte il tramestio di persone e di gruppi che si incontrano, si aggregano, si separano. Si assiste ad una coloratissima, variegata umanità che, magari accalcandosi per guadagnare l'accesso ad anguste casette del centro storico, raggiunge faticosamente la stanzetta dove è allestito l'altare. Lì ci si vedrà coinvolti nella particolarissima coreografia che accoglie i visitatori. I padroni di casa ed i vicini che hanno lavorato saranno in parte sobriamente seduti lungo il muro a fare da cornice all'altare, assiepati nel breve spazio che resta nella stanza; altri si noteranno affaccendati a distribuire le frittelle di cardi, di finocchi, sfingi, vino, fave, ceci, pupiddi (panini che richiamano, in piccolo le cuddure)...... questo per tutta la notte e la successiva mattinata. Si potrà anche assistere alla recita delle raziuneddi: preghiere dialettali che narrano la vita di Gesù, di solito dette da intraprendenti ragazzini che così si guadagneranno i pupiddi da portare al collo tenuti insieme da uno spago fatto passare attraverso il foro centrale del pane, fregiandosi di questa insolita collana col medesimo orgoglio con cui un Generale sfoggia le sue mostrine.

A mezzogiorno del 19, si giunge alla cerimonia conclusiva con la partecipazione dei santi ai quali verrà distribuito quanto imbandito sull'altare. Questi, all'inizio della tradizione, erano reclutati tra le famiglie più indigenti, quando la povertà endemica molto diffusa dava luogo a situazioni desolate di vera fame. Ciò consentiva, ai poveri di ricevere quanto permettesse loro di che sostentarsi per qualche settimana; e all'artefice dell'altare di assolvere al voto fatto. Ad ogni santo, con precisi rituali, viene distribuito un corredo di vivande consistente in un porzione o piatto di ogni cosa, non prima però che il padrone di casa, con un rito che vagamente ricorda quello dell'ultima cena, abbia provveduto loro alla lavanda ed al bacio dei piedi.

martedì 9 marzo 2010

Ventisette euro per una legge ad richiestam

CI SONO luoghi che riconosci dai suoni. « Alivi: bianche e nivuri », « Scalò a scarola », «Compratelo e conservatelo, dieci pacchi di sale, due euro!», « Sfincionello, ' u pitittu vi fazzu rapiri! », « che sono cornuti questi cacoccioli! », «i finucchieddi ri montagna... s' accattassi cà sparagna ». Nel caos ordinato del mercato del Capo, la signora Lo Presti riconobbe la bancarella di cui le avevano parlato e vi si avvicinò. Il cartello non lasciava dubbi: «Si vendono leggi ad richiestam». La donna si accostò al bancone e chiese al titolare: «Scusi, mi fa vedere qualcosa?». «Certo, signora!». Così l' uomo cominciò a elencare: «Guardi, questa per esempio: è una modifica alla legge sulla sanatoria. Ché pure che lei costruisce un villino a piazza Politeama, con questa è a posto». E mentre il venditore elencava, il mercato continuava ad abbanniare, cosicché la voce dell' uomo si confuse con quella degli altri venditori. « T SALVO FICARRA E VALENTINO PICONE alè che beddu ' u pisci! », «Poi le posso proporre una modifica fresca fresca di giornata all' articolo 158 del codice della strada, che le permette di sostare in doppia fila, parcheggiare sulle strisce pedonali e addirittura posteggiare sui marciapiedi», « Scarola! Frisca è a scarola», «Questa invece è una legge per non pagare sugli autobus, guidare contromano in via Libertà e avere i libri di testo gratis per i suoi figli... se ne ha», « L' urtimo e tiramu ». A quel punto, la signora lo interruppe: «Veramente cercavo qualcosa di particolare. Lei lavora anche su ordinazione?». «Certo signora! Mi dica cosa le serve. Io le posso fare avere leggi, regolamenti comunali, decreti... mi dica». «Mi servirebbe una legge - disse la donna - che costringa gli inquilini del terzo piano di via Verga 48 a cambiare casa, se quelli del quarto piano non li sopportano». «E che problema c' è, signora? Dieci minuti ed è pronta!». «E a quanto me lo fa?», chiese la signora. Così ebbe inizio il pattìu: un rito che da secoli si ripete tra i vicoli della città, un rito che non ammette dilettanti. «Signora... picchì è lei, quaranta euro», disse il commerciante. «Caro è! Più di quindici euro non ci vale una legge del genere!», rispose la signora Lo Presti. « Si issi a fari ' na passiata », replicò risentito l' uomo. La signora lo guardò, e si avviò con un passo né troppo lento né troppo veloce. Solo a quel punto il vendignora lo guardò e annuì: l' accordo era stato raggiunto. Solo dieci minuti dopo, la legge era già pronta. La signora ne verificò il contenuto, quindi prese il borsello e pagò. Il venditore si fece il segno della croce, baciò le banconote e infine le mise in tasca; mentre la donna si allontanava facendosi largo tra le bancarelle, le luci, gli odori e le grida: «' U sintistivu ca Berlusconi fici chiuiri Baddarò? », « Cretino - gli rispose qualcuno ridendo - Ma si ci passavi antura ». Via Verga 48, quarto piano. Casa della signora Lo Presti. La signora entrò e disse a voce alta: «Amore, sono tornata!». Chiuse dietro di sé la porta, posò le chiavi nel solito vaso, appese il cappotto ed entrò nel soggiorno. Il marito, concitato, subito le disse: «Sei uscita per cinque minuti, e invece sei mancata mezza giornata». «Lo so, caro, ma oggi al Capo c' era più confusione del solito», rispose la moglie. «Mentre tu non c' eri - riprese nervoso il marito - la signora Sidoti è salita di nuovo perché voleva che la smettessi di giocare a pallacanestro nel soggiorno. Io a questi non li sopporto più!». La moglie lo abbracciò, lo strinse forte a sé e gli sussurrò all' orecchio: «Amore, calmati, ho comprato un regalo per te». Nello stesso momento in via Verga 48, terzo piano. Casa del signor Sidoti. Il signor Sidoti entrò e disse a voce alta: «Amore, sono tornato!». La moglie, concitata, subito gli disse: «Sei uscito per cinque minuti, e invece sei mancato mezza giornata». «Lo so, cara, ma oggi alla Vucciria c' era più confusione del solito», rispose il marito. «Mentre tu non c' eri - riprese nervosa la moglie - quelli di sopra hanno giocato ancora a pallacanestro nel soggiorno. Io a questi non li sopporto più!». Il marito la abbracciò, la strinse forte a sé e le sussurrò all' orecchio: «Amore, calmati, ho comprato un regalo per te».
Ficarra e Picone
Repubblica — 07 marzo 2010 pagina 1 sezione: PALERMO

lunedì 8 marzo 2010

Festa della donna

Oggi 8 Marzo, si festeggia in tutto il mondo la giornata della donna quindi, ricordando questo avvenimento storico, ricco di significato, buona festa delle donne a tutte noi che nella storia dei diritti umani, con avversità ma determinazione, abbiamo ricevuto degli imponenti riconoscimenti giungendo all’emancipazione.
I festeggiamenti che ricorrono nel sociale in merito a questa importante giornata, si riferiscono ad un episodio storico che più che festeggiare, commemora le numerose vittime che ai tempi ma anche oggi purtroppo, ancora muoiono a causa di condizioni di lavoro inadeguate e poco idonee.
Proviamo a ricordare cosa accadde a distanza di un secolo.
Era il 1908 quando, 129 operaie a New York in una fabbrica tessile di Cotton, decisero di ribellarsi alle pietose condizioni di lavoro a cui erano sottoposte e costrette a sottostare, scioperando.
Lo sciopero si protrasse per qualche giorno e fu così che, il proprietario dello stabilimento, Mr. Johnson, sbarrando le porte della fabbrica, impedì alle donne ribelli e rivoluzionarie, di abbandonare la struttura.
Ma sfortunatamente, durante la manifestazione, qualcosa andò storto e ci fu un incendio doloso, dal quale, le 129 operaie non riuscirono a fuggire per mettersi in salvo, morendo così, arse dalle fiamme.
Ecco che da quel giorno, ricorre l’8 Marzo che divenne col tempo attraverso successivi riconoscimenti, la Giornata Internazionale della Donna, a favore di tutte quelle donne che hanno lottato, sofferto, per mutare tante avversità e condizioni sociali disumane a loro svantaggio.
Questa ricorrenza, partendo dagli Stati Uniti, si estese in tutto il mondo per riscattare la figura femminile.
L’iniziativa di estendere tale commemorazione a livello internazionale, fu dunque di Clara Zetkin, durante la Conferenza Internazionale delle donne socialiste a Copenaghen e da questo evento, nasce la giornata dell’8 Marzo a livello mondiale che abbraccia anche altre versioni e radici storiche che non si distaccano comunque dal significato che simboleggia il tragico evento storico.
La tragedia del 1908, è divenuta l’emblema della rivendicazione femminile di ingiustizie ed angherie umane che, con determinazione e forza siamo riuscite a battere e plasmare.
Ci si distacca dunque dal significato frivolo che si vuol attribuire all’8 Marzo; è una commemorazione storica che ricorda delle vittime che col tempo sono diventate innumerevoli quindi si festeggia l’orgoglio e il traguardo femminile lungi da spogliarelli, serate sfrenate e follie varie.
L’emblema floreale dell’8 Marzo è il fiore della mimosa, solare, radioso e profumato che risale al 1946, assunto in Italia, da donne italiane.
Fu a tal proposito, scelto dalle donne romane durante la manifestazione che l’ UDI (Unione Donne Italiane), stava allestendo; le stesse cercavano un fiore che divenisse simbolo delle loro lotte e lo trovarono nella mimosa.
Emanava un profumo molto inebriante e particolare, fioriva nel periodo primaverile quindi prossimo alla giornata dell’8 Marzo ed era anche economico; così la mimosa da allora fino ad oggi, divenne il simbolo floreale dell’8 Marzo, Giornata Internazionale della donna.