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giovedì 20 settembre 2007
UN PO’ DI CHIAREZZA SULL’ ARON DELL’ ANTICA EX- SINAGOGA DI AGIRA
UN PO’ DI CHIAREZZA SULL’ ARON DELL’ ANTICA EX- SINAGOGA DI AGIRA
Nell’aprile del 2002 l’Istituto Internazionale di Cultura Ebraica presieduto dal prof. Titta Lo Jacono realizzò ad Agira un ben riuscito Convegno Internazionale sull’Aron.
L’evento portò alla ribalta un reperto, forse unico al mondo, che prima d’allora era a conoscenza solo di pochi studiosi e sensibilizzò ( almeno così parve) gli Enti pubblici sulla necessità della ricostruzione dell’ex Sinagoga e del restauro del suo Aron.
Oggi è assodato che ad Agira esiste un manufatto in pietra( Echal ) che è riconducibile all’armadio (Aron) santo ( Ha qodesh) in cui si custodivano i Rotoli del Pentateuco (Torah) con le leggi di Mosè.
Di questo prezioso reperto tanto si è scritto e, a volte, senza volerlo si è fatta un po’ di confusione , quindi per rispetto della verità storica ci sembra opportuno ripercorrere cronologicamente le fasi di come si è giunti alla scoperta e alla individuazione della Sinagoga di Agira e del suo Aron.
Nel 1748 lo storico Giovanni Di Giovanni in L’ebraismo della Sicilia escludeva che ad Agira vi fosse mai stata una comunità di ebrei. Nel 1890, invece, i fratelli Bartolomeo e Giuseppe Lagumina , in un loro studio dal titolo Codice diplomatico dei giudei in Sicilia dimostrano che nel 1489 tra le quarantatre comunità ebraiche del regno di Sicilia c’era quella di Agira.
Ma fu solo nel 1910 che lo studioso agirino mons. Pietro Sinopoli Di Giunta individuò nella chiesetta di Santa Croce l’ex Sinagoga sicuramente esistente nel 1459 in quanto tale data, così gli era parso, era leggibile nella scritta del portale contenuto al suo interno.
Dopo anni di silenzio, nel 1947 il prof. Enzo Maganuco in qualità di relatore della tesi di laurea di Giuseppe Morina dà una sua interpretazione della dedicatoria sul portale, diversa da quella data dal Sinopoli confermandone però la datazione.
Nel 1974 Matteo Gaudioso in La comunità ebraica di Catania nei secoli XIV e XV pubblica una foto del manufatto di poco anteriore al suo prelievo e conseguente collocazione nella chiesa parrocchiale SS. Salvatore, dove venne incastonato nella navata di sinistra per chi entra.
Il primo che mise in discussione che il portale fosse qualcosa di diverso fu lo storico agirino Filippo Maria Provitina che nel 1980 in una monografia ( la sua prima Storia Patria è datata 1967), lo individua come altare della ex Sinagoga.
Lo stesso studioso, volendo poi indagare sul prezioso reperto, nel 1995 avvia e porta avanti un’operazione di archeologia storico- religiosa che concretizza conducendo ad Agira il semitista mons. Benedetto Rocco di Marineo.
Le visite di mons. Rocco ad Agira si sono svolte in tre tornate, dal novembre 1995 all’aprile 1996, il suo “aiutante in campo” è stato sempre Filippo Maria Provitina, il quale da me telefonicamente raggiunto a Palermo dove vive attualmente, mi ha riferito alcuni retroscena delle tre visite, e in particolare mi ha comunicato che il primo sopraluogo si svolse il 4 novembre 1995 e che vi parteciparono, oltre a lui e a mons. Rocco, il sicilianista Pippo Scianò, lo studioso di ebraismo Titta Lo Jacono, e autorità locali. Il Provitina specifica che Titta Lo Jacono si era aggregato su invito di Pippo Scianò, che non era egli mai stato ad Agira e che comunque non fu presente alle altre due visite in cui mons. Benedetto Rocco individuò con certezza nel manufatto di pietra l’ARON o Arca Santa interpretando inconfutabilmente l’iscrizione riportata sul suo cornicione : “ Nell’anno di : <<> Giacobbe, venite e camminiamo alla luce ( del Signore)>>. Cioè nell’anno 1454 “. Nell’occasione della 3° visita del 22 aprile del 1996, la 2° si era svolta il 23 gennaio 1996 , Filippo Maria Provitina si avvalse del forestale Michele Rocca, per la scrupolosa misurazione dei ruderi dell’ex Sinagoga. Quella volta fu presente il prof. Salvatore Mangione, pure coinvolto dal Provitina, e il Sindaco di Agira con l’Assessore al ramo.
Nello stesso 1996 mons. Benedetto Rocco pubblicava su Ho Theològos 1996, 129-138 le risultanze del metodo scientifico seguito per la traduzione del testo biblico.
Tali studi e scoperte sono stati resi pubbliche in una affollata conferenza voluta dal Sindaco pro tempore che il Provitina tenne nella sala consiliare del Comune di Agira l’ 8 aprile 1998, e ne scrive in Storia di Agira e del suo Santo pubblicata nel 1999 (vedi pagg. 79, 156, 224, 225, 232, 251, 252, 253)e ristampata con integrazioni nel 2006 dalla Casa Editrice Abbadessa.
In occasione del Seminario Internazionale sul Giudaismo in Sicilia agli osservatori più attenti non sfuggirono e non si spiegarono le assenze dei personaggi che avevano di fatto e di merito contribuito allo studio del prezioso manufatto ( mons. Benedetto Rocco e Filippo Maria Provitina).
L’Aron è stato riconosciuto “Il più antico d’Europa”dallo studioso Nicolò Bucaria (condotto ad Agira dal Provitina insieme a mons. Benedetto Rocco nella primavera del 1996) e nella due giorni si fecero tanti buoni propositi : la ricostruzione della sinagoga e il suo inserimento in un apposito circuito turistico denominato “ percorso della memoria ebraica in Sicilia ”, il restauro dell’Aron e l’attivazione di un centro studi sull’ebraismo medioevale in Agira valorizzandola come “luogo del dialogo e della storia”, essendo colà ancora ben individuabile l’antica casba araba (rione Rocche).
Da allora dell’Aron Ha Qodesh di Agira, tranne una visita di una folta delegazione di studiosi americani avvenuta nel novembre 2005, non se ne è sentito più parlare, e di tutte quelle belle intenzioni espresse al Convegno Internazionale non si è realizzato nulla.
Ad agitare le acque ci ha pensato il Lo Jacono con un suo articolo sul periodico del Lions Club questo scritto ci sono inspiegabili dimenticanze e inesattezze che oscurano il suo grande merito nell’avere organizzato il Simposio del 2002. di Leonforte pubblicato nel maggio 2007; in
Leggendo l’articolo si ha sensazione che egli abbia sentito parlare per la prima volta degli Ebrei d’Agira nel 1991 grazie ad una lettera speditagli dall’Argentina dal benemerito dott. Juan Canzonieri che ha condotto uno studio ( non completato) sugli ebrei d’Agira e ciò è quantomeno inspiegabile per uno studioso di ebraismo del suo calibro visto che studiosi come i Lagumina, Sinopoli, , Managuco, Gaudioso, Provitina già ne avevano scritto in note pubblicazioni.
Poi scrive che in occasione della sua prima visita ad Agira ( che egli dice essere avvenuta nel 1992, quando invece si svolse nel 1995) notò che il portale della Sinagoga era alto appena 80 cm. , quando è sotto gli occhi di tutti che è ad altezza d’uomo ( pubblichiamo il disegno dell’ Arca Santa con le relative misure).
Quindi accusa mons.Benedetto Rocco di essersi appropriato di una sua “indimostrabile illuminazione” e cioè di aver per la primo riconosciuto l’Aron .
E poi quasi a volerlo punire lo dà per morto, quando mons. Rocco è vivo e vegeto. Però gli riconosce il merito di aver interpretato la scritta in ebraico dedicatoria dell’Aron, sostenendo che l’ ha ricostruita attraverso vecchie foto. Peccato che queste ultime siano illeggibili. In effetti la scritta nella sua completezza venne decifrata grazie ad una lastra fotografica di vetro che per insistenza del Provitina venne messa a disposizione di mons. Rocco da don Roberto Zito, parroco del SS. Salvatore nel cui archivio era conservata, nella 3° e ultima visita.
Infine chiude l’articolo facendo un’ipotesi rispettabilissima anche se discutibile e cioè che la Sinagoga di Agira forse non sia mai esistita, ma che ci troviamo in presenza di un Bet ha midrashEchal per l’Aron così imponente si giustifica col fatto che apparteneva ad un ricco ebreo; in quel secolo ad Agira non c’è però alcuna traccia di tanto dovizioso cittadino. (oratorio privato) e che la presenza di un
Enzo Barbera
mercoledì 19 settembre 2007
La memoria - Cose d'altri tempi
In copertina
Foto d'epoca: orchestrina improvvisata di quei tempi.
"Mandolinista" Francesco Leonforte
"Fisarmonicista" Sarino Bonaventura
"Chitarristi" rino Scuderi e Sarino D'Angelo
"Dirige" Nino Proto
Aspettando la pioggia

sabato 15 settembre 2007
Notizie storiche su sulla vetusta Tavaca oggi Leonforte

L'autore ha scritto:
Alquanti anni or sono balenatomi in mente l’idea di raccogliere alcune notizie storiche sulla vetusta Tavaca e intorno alla città di Leonforte, manifestai ad alcuni la mia determinazione. L’annunzio fu accolto con un plauso pari al desiderio e questo riaffermò in me il proponimento di farne la compilazione nel miglior modo possibile.
Qual cosa più cara che il ricordare i luoghi dove abitarono gli avi nostri, e riandando il rapido succedersi dei secoli, trasportarci ai tempi lontani e saperne le vicende?
Per avere queste notizie ho dovuto leggere molti libri storici, battere di porta in porta e chiedere come un obolo qualche documento o qualche manoscritto in cui sapevo di certo che un raggio di luce avrebbe rischiarato la folta tenebre nella quale ero avvolto. Finalmente dopo lunghe e penose ricerche, sono riuscito in qualche modo a raccogliere ed a coordinare tutte quelle notizie che potuto attingere sulla mia cara patria.
Con quale intendimento ho scritto queste notizie e sopra quali basi ho posto la opera mia?
Il celebre Rollin fu d’avviso che “il ricercatore sopra tutto la verità e questa riferire all’utilità avvenire, dev’essere scopo precipuo dell’autore.”
E questo è stato appunto il mio intendimento, a raggiungere il quale mi sono servito, per quanto riguarda i tempi più antichi, della relazione degli antichi storici, e per quanto riguarda i tempi più vicini a noi, mi sono state di guida, scritture, iscrizione pubbliche, opuscoletti, manoscritti ed atti pubblici che citerò.
Questa è la via che ho seguito.
Spero di non essere biasimato dai miei cortesi lettori tanto più che non attribuisco a quest’umile lavoretto alcun valore e non spero da esso alcuna gloria, non avendo altro desiderio che quello di ottenere la pubblica indulgenza.
Se poi queste notizie potranno servire di incitamento ad altri più competenti di me per riuscire nella compilazione di una storia completa, io ne sarò assai lieto, giacchè questo mio umile lavoro, avrà servito, se non altro come “Poca favilla gran fiamma seconda”.
Ed ora rivolgo infinite grazie a coloro i quali mi furono cortesi di notizie fra i quali l’egregio Direttore del Ginnasio prof. Cav. Luigi Castro e più di tutti l’intimo amico prof. Calogero Vitanza, il quale non solo mi fu largo di notizie, ma si ebbe per questo mio lavoretto premure quasi pari alle mie colla pubblicazione dei suoi opuscoletti storici.
Né posso trascurare il mio affettuoso amico sacerdote Salvatore Varveri fu Alfonso, il quale colla sua dimora a Palermo di quasi sei anni trovò documenti storici importanti di Leonforte nell’archivio privato del principe di Trabia, e che gentilmente mi ha offerto.
New-York 1923
Mazzola Giovanni fu Giovanni
venerdì 14 settembre 2007
Stranezze

giovedì 13 settembre 2007
41 bulbi a centimetro quadrato

martedì 11 settembre 2007
C'era una volta...

Da un po’ di tempo ormai tutti i quotidiani si stanno occupando della “quasi” scomparsa di un animale domestico: l’asino. In effetti quanti di noi sanno di questo? Pochi. Sono rimasti pochi esemplari di questo laborioso e caparbio animale. L’asino è scomparso dalla terra, dai paesi e persino dai racconti. Le nuove generazioni non l’hanno mai visto, se non in qualche documentario, i vecchi lo relegano negli angoli più remoti della memoria, perché l’animale evoca fatica e sudore, di pane duro e paglia. A scuola era simbolo del disprezzo per gli studenti meno inclini allo studio e poco diligenti, ma più al gioco. Ci sono tracce già nel Neolitico, si era fatto carico di tutti i pesi, concorrendo alla creazione di civiltà sia in Oriente che in Occidente. Tanti progetti hanno trasportato le sue bisacce. Lo si trova, ancora in qualche aerea depressa del Mondo. Povero tra i poveri, sopravvive a stenti. Lui usato per ogni tipo di servizio, l’animale del solidale connubio assieme al mulo (altro animale domestico in fase di estinzione) col fante di montagna, l’alpino. Il Comune di Marsala ha ritenuto opportuno e ha voluto innalzare un monumento a dimostrazione della secolare riconoscenza per la collaborazione svolta con silenziosa umiltà. Importante quanto la ruota che senza di lui non poteva girare. Rischia di essere ricordato soltanto nei libri. A rischio scomparsa anche i ragli, i calci tirati da dietro ai molestatori. Si porta dietro un vocabolario di parole, tanti significati , la metafora, il Pinocchio di chi è stato bambino qualche decennio fa.
Da tempo era scomparso il mulo suo figlio, frutto di un amore innaturale tra di lui, lo scalcinato della terra, e la cavalla, della nobile razza dei destrieri atleti infaticabili dei campi di battaglia. Nessuno ricorda più il bardotto, incrocio fra un cavallo ed un’asina, animale possente dal garrese alto usato dagli nostri Alpini. Trasportavano di tutto, dai viveri ai cannoni. Un obice veniva smontato e caricato dagli Alpini artiglieri su cinque muli. È scomparso il maestoso asino di Martina Franca, quello ragusano e il pantesco. Sta di fatto che l’asino non c’è più. La colpa deve essere sicuramente di qualcuno. Viene facile dire della modernità.
Ritornando al quadrupede, ci si è accorti con molto ritardo, forse in tempo, per scongiurare la definitiva estinzione. Dall’asina si ottiene un latte particolare, tollerato da coloro, e sono molti in modo particolare tra i neonati, che sono allergici al latte di altri animali. Il suo latte è molto simile a quello umano, ma meno ricco di grassi e, quindi molto digeribile. Adatto anche agli adulti che soffrono di particolari problemi intestinali e di aterosclerosi per la presenza in modo prevalente di acidi polinsaturi. Un suo enzima, presente anche nelle lacrime e nella saliva, il lisozima, ha un’azione fortemente antibatterica. Da qui si spiega perché gli animali usavano leccarsi le ferite e tra l’atro metafora usata dagli uomini. Un’asina produce al giorno poco più di un litro e mezzo di latte per sei sette mesi all’anno e costa molto caro a tal punto di paragonarlo ad uno dei metalli più preziosi. Avrebbe mai potuto immaginare Apuleio che dopo duemila anni il suo “Asino d’oro” sarebbe diventato veramente tale?.
A tal proposito stanno fiorendo tante iniziative a sostegno dell’allevamento del quadrupede, perché in oltre è utilizzato per l’onoterapia che è l’equivalente dell’ippoterapia. Si può affermare che grazie a questo ritrovato “interesse economi

venerdì 7 settembre 2007
Multe salate? No, grazie..

lunedì 3 settembre 2007
L'orlo delle dune
il tempo s'affanna,
Parliamo,
il silenzio è ruggine
che divora l'acciaio.
Dialoghiamo,
io capirò il tuo disincanto
tu perdonerai le mie fughe.
La stagione dei rimpianti
è volata con la brezza della sera
ora che si avvicina la notte
vorremmo spiccioli di pace.
I nostri discorsi,
quando sarà primavera,
indurranno a fiore
il noce che piantammo.
sibilando un rancoroso addio,
rimangono sparsi cumuli di pietra
papaveri neri e gialle margherite.
Il Crisa affogato dalle canne
narra storie di poveri cristi,
di gente che è partita per il nord
e al paese hanno dimenticato.
L'ultimo treno è passato
e con esso la vita di ieri,
il fumo va controvento
sui binari viaggia la desolazione.
L'ORLO DELLE DUNE
di Enzo Barbera
PICCOLA BIBLIOTECA '8O COLLEZIONE SEKHMET
In copertina: Sekhmet Amuleto in pietra dura (VI - V sec. a. C.)
L'Autore Libri Firenze
domenica 2 settembre 2007
Offerte di lavoro

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