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lunedì 30 marzo 2009

Settimana Santa ad Enna







Con la Domenica delle Palme si aprono i grandi riti della Settimana Santa ad Enna, che vanno dalla Domenica delle Palme, a Domenica in Albis.

La Domenica delle Palme viene aperta dalla Confraternita dello Spirito Santo, che alle ore 9:00, va dalla chiesa di San Bartolomeo sino alla chiesa di San Leonardo per rendere omaggio all’Ecce Homo. Ma il vero fulcro dell’inizio della Domenica delle Palme è la solenne entrata di Gesù a Gerusalemme rievocata dalla Confraternita della SS. Passione, alle ore 10:00.

Alla processione partecipano i frati minori conventuali di Montesalvo e le rappresentanze delle 15 confraternite ennesi.

La processione parte dal Santuario di Papardura, con cavalli, con sopra romani con costumi artistici, apostoli, centurioni, soldati e infine Gesù sull’asinello. Arrivati alla chiesa di San Sebastiano Martire avviene la benedizione delle Palme, e la solenne processione dei fedeli, dei frati, delle rappresentanze delle confraternite, e della confraternita della SS. Passione seguita da Gesù con gli apostoli, arrivando nella chiesa di San Leonardo Abate.








Le Prime “URA”

Alle ore 16:00, dal convento e chiesa di Montesalvo, il Collegio dei Rettori delle Confraternite di Enna, apre l’adorazione al SS. Sacramento, recandosi in Duomo. Ogni rettore tiene in mano il fregio della confraternita, e gli altri due confrati o un altro simbolo o una croce.

Fondato nel 1714, venne anticamente chiamato “Consiglio Economico delle Corporazioni Religiose” ma in seguito venne sospeso dal viceré Domenico Caracciolo. Tuttora il collegio si occupa dell’organizzazione dei riti della Settimana Santa, e controlla il normale svolgersi dei compiti delle varie confraternite, ed è composto dai rettori di ogni singola confraternita. Anticamente il Collegio si recava a fare l’ora di adorazione in Duomo la Domenica delle Palme mattina; preceduto dai mazzieri, Il rettore della confraternita dei “Cordiglieri” teneva in mano un crocifisso in legno a grandezza naturale, dove erano attaccati dei nastri.

Alle ore 17:00 è la volta della confraternita di Maria SS. del Rosario, che partendo dalla Chiesa di San Giovanni Battista si reca in Duomo per l’ora di adorazione. La mantellina è color latte, con una grossa bordura nera. Al petto un medaglione in argento o in metallo, con la figura della Madonna del Rosario di Pompei tra San Domenico e Santa Caterina;cingolo bianco e coroncina nera, nessun scapolare.

Nata nel 1542 come “Compagnia dei Bianchi”, si unisce nel 1732 a quella del SS. Sacramento della quale assume l’abito culturale. Solamente i Confrati appartenenti ad un ceto nobiliare potevano assistere i condannati a morte durante il trapasso e curarne la sepoltura. Le due Compagnie si divisero nel 1754 e si riunificarono nello stesso anno. La Compagnia dei Bianchi fu sciolta nel 1782, anno in cui fu abolito il Santo Uffizio Spagnolo”. Ricomparve tre anni dopo con l’attuale denominazione presso la chiesa di San Domenico, attuale parrocchia di San Giovanni Battista. In seguito si risciolse e si riunì nel 1932. È la prima confraternita delle 15 a svolgere l’ora di adorazione

Alle 18:00 un’altra antica congregazione religiosa compie l’ora di adorazione. La Compagnia della SS. Passione. Partendo dalla chiesa d'appartenenza, quella di San Leonardo, alla volta del Duomo. La Mantellina è di colore rosso scarlatto, con il volto dell’Ecce Homo a sinistra e lo scapolare rosso. Cordoncino rosso e bianco con coroncina rossa.

Il 7 febbraio 1660 fu fondata la “Compagnia della Acerba e Sacrosanta Passione di Nostro Signore Gesù Cristo”. Poteva far parte della compagnia colui che, essendo cattolico e di buona morale, era capace di aiutare i poveri da vivi e seppellirli da morti. I primi confrati erano solo trentatrè, tanti quanti gli anni di Gesù al tempo della Passione. Dai primi decenni del XVIII sec. crollata la chiesa della Passione, la confraternita opera nella chiesa di San Leonardo Abate sorta nel XVI sec. La confraternita gode del privilegio di portare il Venerdì Santo i ventiquattro misteri, di scortare l’Urna del Cristo Morto e di portare il baldacchino con la Spina Santa.

Questa Confraternita porta, la Domenica delle Palme, in processione il simulacro ed il fercolo dell’Ecce Homo dal 1984.

Assieme alla confraternita della Passione, va per l’ora di adorazione in Duomo, anche la Confraternita del SS. Crocifisso di Pergusa. Il suo abito è simile a quello delle confraternite spagnole: non possiede mantellina, camice bianco con vistoso colletto le cui maniche sono svasate e con orli gialli, e su di esso uno scapolare rosso, lungo quanto il camice; fascia blu con risvolti a frange, pendenti dal lato sinistro con al collo un artistico crocifisso in bronzo.

La confraternita fu fondata presso la parrocchia del SS. Crocifisso di Pergusa nel 1973 dai “lacari”, coloro che organizzavano la festa del “Signuruzzu du Lacu”.


Alle ore 19:00 parte l’ultima confraternita della Domenica delle Palme, che farà l’ora d’adorazione al Santissimo, la confraternita del SS. Salvatore, la più antica delle confraternite. Caratterizzata da una mantellina gialla con la Croce di Malta a sinistra e cingolo bianco. La sua fondazione risale al 1261, e a costituirla furono i frati Basiliani, che adunarono prima gli agricoli ed i contadini e successivamente ebbero tra gli affiliati dazieri e doganieri allora in servizio a Portosalvo, vecchio ingresso del paese. La Confraternita traeva a quel tempo il proprio sostentamento dalle offerte spontanee dei confrati più facoltosi e lo destinava in beneficenza a favore dei confrati poveri ed ammalati. Nel 1672 fu concesso ai confrati di portare a spalla l’Urna del Cristo Morto nella processione del Venerdì Santo

lunedì 16 marzo 2009

La Festa di San Giuseppe a Leonforte


Leonforte vive la ricorrenza del 19 marzo con grande partecipazione della sua gente.
Già dal pomeriggio del 18, e per tutta la notte fino alle prime luci dell'alba, una moltitudine di gruppi festosi si riversa per le antiche strade di Leonforte impegnata a "girari l'artara", un lungo peregrinare alla ricerca degli altari, individuati da inequivocabile segnaletica: un tempo una semplice scatola di scarpe foderata di carta velina rossa illuminata dall'interno così da potersi leggere, ritagliato sul coperchio, l'acronimo: W S.G. (Viva San Giuseppe), oggi magari sostituita da una più pretenziosa stella punteggiata di numerose luci.

Gli altari o tavolate sono realizzate da chi ha "fatto voto" e consistono in una grande tavola imbandita oltre che di pane lavorato in particolarissime forme (le "cuddure") anche dei più disparati alimenti, primizie, bevande, dolciumi. Il pane è sicuramente l'elemento principe dell'altare, ed agli inizi doveva di certo rappresentare la ragion d'essere dell'altare stesso per il significato atavico che vi si attribuiva di "Grazia di Dio". Questi enormi pani che troneggiano sulle tavolate, vengono confezionati con squisita arte dalle massaie (oramai rimaste in poche) del vicinato e rappresentano vere e proprie sculture, vere e proprie opere d'arte, riproducenti santi o istoriati con fregi e motivi vegetali. La preparazione dell'altare, appunto, richiede l'apporto e lo sforzo dell'intero vicinato (S. Giuseppi voli traficu: S. Giuseppe esige un estenuante lavoro) oltre che per la lavorazione del pane, anche per l'approntamento delle varie frittate di cardi e finocchi, di sfingi, fave, ceci bolliti, ecc., non tutta roba che andrà a finire sull'altare, bensì distribuita alle centinaia di visitatori durante la lunga veglia del 18 marzo.

L'altare viene concluso dal "cielo", ovvero da un drappeggio di veli da sposa disposti ad arte come un baldacchino, e da una immagine del Santo posta, tra i veli, proprio di fronte.

La lunga notte della girata dill'artari: quando Leonforte è letteralmente invasa da una moltitudine di visitatori provenienti da ogni parte della Sicilia. Per ogni parte si avverte il tramestio di persone e di gruppi che si incontrano, si aggregano, si separano. Si assiste ad una coloratissima, variegata umanità che, magari accalcandosi per guadagnare l'accesso ad anguste casette del centro storico, raggiunge faticosamente la stanzetta dove è allestito l'altare. Lì ci si vedrà coinvolti nella particolarissima coreografia che accoglie i visitatori. I padroni di casa ed i vicini che hanno lavorato saranno in parte sobriamente seduti lungo il muro a fare da cornice all'altare, assiepati nel breve spazio che resta nella stanza; altri si noteranno affaccendati a distribuire le frittelle di cardi, di finocchi, sfingi, vino, fave, ceci, pupiddi (panini che richiamano, in piccolo le cuddure)...... questo per tutta la notte e la successiva mattinata. Si potrà anche assistere alla recita delle raziuneddi: preghiere dialettali che narrano la vita di Gesù, di solito dette da intraprendenti ragazzini che così si guadagneranno i pupiddi da portare al collo tenuti insieme da uno spago fatto passare attraverso il foro centrale del pane, fregiandosi di questa insolita collana col medesimo orgoglio con cui un generale sfoggia le sue mostrine.

A mezzogiorno del 19, si giunge alla cerimonia conclusiva con la partecipazione dei santi ai quali verrà distribuito quanto imbandito sull'altare. Questi, all'inizio della tradizione, erano reclutati tra le famiglie più indigenti, quando la povertà endemica molto diffusa dava luogo a situazioni desolate di vera fame. Ciò consentiva, ai poveri di ricevere quanto permettesse loro di che sostentarsi per qualche settimana; e all'artefice dell'altare di assolvere al voto fatto. Ad ogni santo, con precisi rituali, viene distribuito un corredo di vivande consistente in un porzione o piatto di ogni cosa, non prima però che il padrone di casa, con un rito che vagamente ricorda quello dell'ultima cena, abbia provveduto loro alla lavanda ed al bacio dei pied
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