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martedì 17 febbraio 2009

La Sicilia ponte di collegamento dell' archeologia mediterranea

Gli ultimi risultati della missione archeologica in Iraq, compresi i numerosi reperti trovati dai militari italiani nel corso delle loro attività di perlustrazione, sono al vaglio di studiosi e archeologi dell' Università La Sapienza di Roma, guidati da Giovanni Pettinato, ordinario di Archeologia del Vicino Oriente ma più conosciuto per i numerosi studi e "traduzioni" delle tavolette in argilla del periodo sumerico e antico mesopotamico. Nelle prossime settimane uscirà a cura dell' Accademia dei Lincei (edizioni Bardi), l' ultimo studio di Pettinato su "La pietra nera di Nassiriya", incentrato sulla scoperta della pietra di fondazione dello Ziqqurat di Ur, la città di Abramo, forse la città più antica della storia. Lo abbiamo incontrato a Enna. presso l' Università Kore, dove insegna Assirologia, e dove oggi e domani è impegnato in un convegno di archeologia. Pettinato (di origine ennese ma per molti anni residente in Germania) è stato tra i promotori del corso di laurea in "Archeologia del Mediterraneo" presso la facoltà di Beni Culturali. Nelle ultime scoperte effettuate in Iraq e in Iran risultino sostanziali sconvolgimenti rispetto alle datazioni che abbiamo sui primi documenti scritti? «Ho sentito anch' io di notizie relative a scavi nell' Iran orientale, ma oltre gli annunci occorre vedere gli studi e le pubblicazioni a riguardo, per poi collocare cronologicamente le nuove scoperte. A quanto ne so dei ritrovamenti iranici, non mi pare ci sia traccia di popoli sumerici». Per stare un po' più vicini: secondo lei la Sicilia è abbastanza studiata nei traffici dell' antico mediterraneo (vedi le recenti mostre al museo archeologico di Palermo) e comunque andrebbero fatte nuove campagne di scavo nell' Isola? «Fino ad oggi sulle tavolette mesopotamiche e siriane non abbiamo trovato rapporti con la parte occidentale del mediterraneo, e quindi con la Sicilia. Tuttavia a partire dal XIV secolo a. C. ci sono evidenti tracce dei rapporti intrattenuti dai Fenici, stanziati nell' attuale Libano, con questa parte del mediterraneo. C' è ancora molto da scavare e studiare in Sicilia. L' ennese, ad esempio, è una di quelle zone dove si è sempre scavato poco, a parte Morgantina e ora i dintorni della Villa del Casale. L' Università Kore sta conducendo proprie campagne di scavo a Villarosa e a Pietraperzia. Anche l' archeologo Patrizio Pensabene, che ha scoperto un insediamento medievale accanto alla Villa del Casale, docente alla Kore. C' è molto da fare anche sulla formazione degli "scavatori". Nel passato si è "scartato" tutto ciò che era di provenienza arabo-islamica e in questa parte della Sicilia si è perso qualche passaggio stratigrafico». E oggi? «La formazione degli scavatori è più attenta, vedi il caso di Troina e la scoperta della grande sepoltura nei dintorni del lago Ancipa». La Kore potrebbe assolvere quel ruolo "formativo" che lei richiamato? «Sì, se assolve alla sua "collocazione" originaria nell' area della Sicilia centrale. D' altra parte lo statuto di questa Università le assegna un ruolo di collegamento con i Paesi del Mediterraneo. Pensiamo infatti all' avvio dei corsi di laurea in "Storia e Archeologia del Mediterraneo", in "Mediazione culturale e cooperazione euromediterranea", in "Studi internazionali e relazioni euromediterranee", in "Lingue Culture dell' Asia e dell' Africa", tutti corsi recentissimi. I nostri sforzi sono indirizzati, nello specifico archeologico, a una collaborazione con i paesi della riva sud (Egitto, Tunisia, Marocco), ma anche con la Giordania, per attivare convenzioni per lo scavo e la formazione».

di Claudio Paterna


già pubblicato su "La Repubblica" - Palermo del 13 ottobre 2007

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