E' un testo che gira su Facebook. E' molto indicativo di come in nostri parlamentari abbiano a cuore le sorti della Nazione, perché è chiaro: a fare i sacrifici debbono essere sempre gli stessi.
Giorno 21 settembre 2011 il Deputato Antonio Borghesi
dell'Italia dei Valori ha proposto l'abolizione del vitalizio che spetta
ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura in quanto affermava cha
tale trattamento risultava iniquo rispetto a quello previsto dai
lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad
una pensione.
Ecco com'è finita:
Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 498.
i 22 sono: BARBATO, BORGHESI, CAMBURSANO, DI GIUSEPPE, DI PIETRO, DI
STANISLAO, DONADI, EVANGELISTI, FAVIA, FORMISANO, ANIELLO, MESSINA,
MONAI, MURA, PALADINI, PALAGIANO, PALOMBA, PIFFARI, PORCINO, RAZZI,
ROTA, SCILIPOTI, ZAZZERA.
Ecco un estratto del discorso presentato alla Camera :
Penso che nessun cittadino e nessun lavoratore al di fuori di qui possa
accettare l’idea che gli si chieda, per poter percepire un vitalizio o
una pensione, di versare contributi per quarant’anni, quando qui dentro
sono sufficienti cinque anni per percepire un vitalizio. È una distanza
tra il Paese reale e questa istituzione che deve essere ridotta ed
evitata. Non sarà mai accettabile per nessuno che vi siano persone che
hanno fatto il parlamentare per un giorno - ce ne sono tre - e
percepiscono più di 3.000 euro al mese di vitalizio. Non si potrà mai
accettare che ci siano altre persone rimaste qui per sessantotto giorni,
dimessisi per incompatibilità, che percepiscono un assegno vitalizio di
più di 3.000 euro al mese. C’è la vedova di un parlamentare che non ha
mai messo piede materialmente in Parlamento, eppure percepisce un
assegno di reversibilità.
Credo che questo sia un tema al quale
bisogna porre rimedio e la nostra proposta, che stava in quel progetto
di legge e che sta in questo ordine del giorno, è che si provveda alla
soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che
per quelli cessati, chiedendo invece di versare i contributi che a noi
sono stati trattenuti all’ente di previdenza, se il deputato svolgeva
precedentemente un lavoro, oppure al fondo che l’INPS ha creato con
gestione a tassazione separata.
Ciò permetterebbe ad ognuno di
cumulare quei versamenti con gli altri nell’arco della sua vita e,
secondo i criteri normali di ogni cittadino e di ogni lavoratore,
percepirebbe poi una pensione conseguente ai versamenti realizzati.
Proprio la Corte costituzionale, con la sentenza richiamata dai colleghi
questori, ha permesso invece di dire che non si tratta di una pensione,
che non esistono dunque diritti quesiti e che, con una semplice
delibera dell’Ufficio di Presidenza, si potrebbe procedere nel senso da
noi prospettato,che consentirebbe di fare risparmiare al bilancio della
Camera e anche a tutti i cittadini e ai contribuenti italiani circa 150
milioni di euro l’anno.
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