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lunedì 14 aprile 2008

Bruno Commodari

Prima del 18 giugno 2001, giorno della sua prematura scomparsa, non sapevo nemmeno dell’esistenza di Bruno Commodari. Dopo, grazie agli articoli che sono stati pubblicati sul quotidiano “La Sicilia”, in cui si leggeva che era nato nel nostro paese,mi sono interessato a questa persona e ho cercato testimonianze da chi lo conosceva. Alla fine mi sono fatto l’idea che costui fu un uomo generoso, uno studioso di vaglia e un manager efficiente, tutte qualità che mise a disposizione dei malati di mente affinché essi raggiungessero degli standard di normalità.Bruno Commodari di Giovanni e di Elena Clara Ardizzone, nacque a Leonforte il 18 luglio 1943, in piena guerra e pochi giorni dopo la nascita, avvenuta in una casa di via Porta Palermo (con l’assistenza della zia, la mitica levatrice ‘nZina), visse inconsapevolmente i disagi dei bombardamenti, essendosi la madre rifugiata, insieme ai suoi parenti, in una grotta di contrada Faccialavata.Finita la guerra e ritornato il padre dal fronte, i Commodari rientrarono a Catania città di origine del capofamiglia. Il piccolo Bruno passò la sua infanzia nella città etnea e vi crebbe nella serenità familiare studiando e praticando lo sport che più amava, il calcio.Fu un bravissimo calciatore, come d'altronde lo era stato il padre che aveva militato in categorie superiori. A Catania frequentò le scuole con eccellente profitto fino a laurearsi, nel 1968, nella facoltà di Medicina col massimo dei voti e la lode. Un anno dopo si sposò con Angela Furnari e da questo matrimonio nacquero tre figli : Elena, Irene e Giovanni formando una famiglia splendida, amorevole, unitissima. Nel 1971 conseguì la specializzazione in malattie nervose e mentali presso l’Università di Modena e in seguito, nel 1976, quella di Neuropsichiatria infantile all’Università di Messina. Fu Aiuto presso l’Ospedale psichiatrico di Palermo dal 1973 al 1975, è poi passò all’Ospedale neuropsichiatrico di Siracusa dove svolse le funzioni di primario. A seguito dell’entrata in vigore della Legge 180, diresse il Servizio territoriale di tutela dalla salute mentale di Lentini, nel 1988 ricoprì il posto di primario coordinatore dello stesso servizio, nella Usl 34 di Catania.In seguito ricoprì la carica di caposervizio medicina di base e la funzione di responsabile del settore salute mentale e tossicodipendenze della provincia di Catania.Bruno Commodari, convinto che la psichiatria non fosse solo medicina, ma anche un sapere che per potersi esprimere necessita di modelli, di servizi, di organizzazione, di integrazione professionale ad altissimi livelli, si impegnò anche in attività associative a favore della Società Italiana di Psichiatria dove per tanti anni fu prezioso componente del consiglio direttivo fino ad esserne eletto segretario nazionale. Nel 1998, per dare più forza alle sue convinzioni, fondò la Società Italiana di Psichiatria Residenziale e fino alla sua morte ne fu il presidente. Notevole fu anche la sua attività di studioso e di ricercatore, effettuò numerosi studi sull’epidemiologia ed il decorso di patologie psichiatriche nell’età evolutiva, nell’adulto e nell’anziano. Tutto il suo impegno in campo clinico ed epidemiologico è riscontrabile nelle sue numerose (95) pubblicazioni. Il principio ispiratore di questo suo impegno incessante è sempre stato quello di cancellare il pregiudizio nei riguardi del malato mentale che sta alla base del tremendo marchio che rappresenta un oltraggio allo spirito di umanità e di solidarietà civile.Il suo grande impegno fu la residenzialità contrapposta al manicomio che è stata rilanciata dalla legge 180/78. Solo di recente, e solo ora che i manicomi sono stati chiusi veramente, la residenzialità ha conquistato uno spazio più significativo e la dignità di risorsa terapeutica, grazie anche al modo nuovo di porsi dello psichiatra che ha raccolto la sfida e, rifiutando la funzione di custode illuminato, ha assunto un ruolo di propulsione innovativa anche nei confronti della psichiatria territoriale. Forte di queste sue convinzioni il prof. Commodari fu uno dei promotori del case management , cioè di una figura responsabile del complesso delle attività mediche, sociali e amministrative richieste dal paziente. Ruolo assunto da figure assistenziali diverse a seconda della complessità del paziente, ed è accompagnato da un gruppo multidisciplinare di professionisti che intervengono al momento più opportuno, applicando il metodo di lavoro di team con compiti e responsabilità assegnate come nella gestione di un progetto.Al suo paese di nascita veniva raramente, anche se vi abitava la sua amata zia e aveva tanta nostalgia per quei “ferragosto” che vi passò da bambino. Ma quando vi veniva chiamato per qualche consulto medico, si ritagliava un po’ di tempo e giungeva a Leonforte un po’ per dovere professionale e un po’ rivedere quel luogo in cui vide la luce e del quale per la prima volta respirò l’aria della vita.Quando seppe dell’infausto male che l’aveva colpito, non si arrese e cercò di affrontarlo con fierezza e coraggio perché era convinto che le battaglie seppur impossibili vanno sempre combattute. Purtroppo ne uscì sconfitto è fu una grande perdita non solo per la sua famiglia e i suoi cari, ma anche per la psichiatria italiana.Lasciò di sé il ricordo di una persona energica, attiva, infaticabile, carismatica. Di un professionista con straordinarie competenze gestionali e con la non comune dote di rendere semplici le imprese più complesse, di rendere l’umanità pane quotidiano del suo lavoro e del suo impegno.
Enzo Barbera

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