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giovedì 9 giugno 2011

L'impronta di un docente «doc»

Antonio Gramsci
Gramsci citò Vaccalluzzo nei suoi «quaderni»

Nunzio Vaccalluzzo (Leonforte 1871- Catania 1937), ordinario di Italiano e Latino nel liceo classico N. Spedalieri (dove ebbe scolaro Vitaliano Brancati), libero docente fin dal 1921, fu uno studioso e critico di valore. Al momento di congedarsi dalla scuola poteva vantare un'intensa attività scolastica e letteraria: 40 anni di insegnamento tra liceale e universitario e 19 volumi pubblicati. In sintonia con la storiografia desanctisiana, Vaccalluzzo prediligeva gli scrittori di forte coscienza morale e civile. Per questo si era occupato, con studi e commenti pregevoli, di Dante, Petrarca, Galilei, Alfieri, Foscolo, Leopardi.
Conoscitore degli scrittori politici del nostro Risorgimento, Vaccalluzzo scrisse una esauriente biografia su Massimo D'Azeglio, nella quale era indagata non solo l'attività del letterato e dello scrittore ma anche quella dell'agitatore politico e dell'uomo di stato. Inoltre prestò attenzione alla cultura siciliana e curò un'antologia della poesia di Mario Rapisardi, al quale riserbò giudizi penetranti che incontrarono il plauso di Antonio Gramsci, che cita Vaccalluzzo nei "Quaderni del carcere".
Incline alla ricerca erudita accoppiata a una fine sensibilità ma estraneo al neostoricismo crociano e alle sirene della critica estetica, gli allievi del liceo Spedalieri e delle aule universitarie guardavano con bonaria indulgenza il loro professore che, rimanendo fedele al suo metodo di lavoro, appariva un sorpassato, salvo poi ricredersi di lì a poco, come Brancati: "Da trent'anni la più vera e profonda critica si fa senza tener conto dell'estetica crociana, anzi suggerendo continuamente una estetica completamente diversa" - 6 agosto 1931.
Francesco Guglielmino, professore di letteratura greca all'università di Catania, che ebbe Vaccalluzzo collega al liceo Spedalieri, così lo ricordò dopo la sua scomparsa avvenuta il 26 marzo 1937: "Come insegnante fu austero e rigido, giacché aveva un alto concetto del compito educativo della scuola […]. Come uomo fu un carattere sdegnoso di accomodamenti e di transazioni, di piaggerie ai potenti e doppiezze". Parole che lumeggiano la personalità di Vaccalluzzo e spiegano bene il perché della sua breve carriera universitaria che, impedendogli di dialogare con gli interessi culturali della collettività catanese, lo angustiò non poco. Carriera universitaria ostacolata dal fatto di non avere mai sconfessato la firma sottoscritta al manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce e pubblicato sul "Mondo" il 1° maggio 1925.
In una lettera del 20 giugno 1935 indirizzata al Ministro dell'Educazione Nazionale De Vecchi, Vaccalluzzo scrive: "Eccellenza, io non sono fascista. Peggio: quando era ancora possibile, io firmai un Manifesto - che poi seppi scritto da Croce - contro uno di Gentile. Abituato a rispettare la mia firma, non lo sconfessai mai, onde ho subìto da anni in silenzio alcune conseguenze, tra le quali la perdita della cattedra di Lett. Ital […]. Resasi vacante la cattedra di Lett. Ital. nella Università di Catania, per il trasferimento del Momigliano a Pisa, la tenni io quattro anni per incarico, finché, messa a concorso, la Commissione (V. Cian presidente) propose una terna di cui il primo era Calcaterra e il secondo io; ma, Ministro Fedele, per quella firma non fu dato il nulla osta; e la Commissione fece un verbale bianco, dicendo, per pudore, che non c'era stato accordo […]. Io scendo dalla cattedra a testa alta, dopo aver dato tutto alla scuola, nulla chiesto e nulla avuto. Scendo sereno, senza rancore per nessuno; senza tessera sul petto, ma con l'Italia sempre nel cuore."
 Refrattario ai compromessi che durante il fascismo videro artisti di successo, scrittori mediocri e di valore, professori universitari impegnati nel tentativo di riconciliarsi con gli imperativi del potere, Vaccalluzzo non piegò le esigenze della sua disciplina a quelle superiori della politica. Ciò sollecitò in lui la ricerca costante dell'autonomia del lavoro intellettuale, che creerà poi i presupposti per fare germogliare la pianta della reazione antifascista. In questo senso cade a proposito e suona legittimo il disappunto espresso da Corrado Brancati in una pagina del volume "Vitaliano mio fratello".
Qui l'autore, dopo avere affermato che negli ultimi tempi ha letto e riletto numerosi libri dedicati al fratello e sottolineato che questi frequentò a Catania le tre classi del liceo allo Spedalieri, scrive: "Quello che non mi so spiegare è come mai in nessuno dei citati libri si è parlato del professore d'italiano, che pure qualche influenza dovette avere su Vitaliano durante le tre classi del liceo. Professore di italiano fu Nunzio Vaccalluzzo […]. Io lo ricordo con affetto perché fu pure mio professore".

LORENZO CATANIA

  • Da La Sicilia  di Mercoledì 08 Giugno 2011  in OggiCultura, pagina 22


1 commento:

andrea pinto ha detto...

Troppo dimenticato questo Prof.Vaccalluzzo,uomo dalla schiena dritta oltre ad essere grande critico letterario.La sua monografia su Massimo D'Azeglio ad esempio rimane ancora preziosissima anche nel 2012.Distinti saluti.