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martedì 11 settembre 2007

C'era una volta...

Assoro - c/da Maddalena settembre 2007



C’era una volta…

Da un po’ di tempo ormai tutti i quotidiani si stanno occupando della “quasi” scomparsa di un animale domestico: l’asino. In effetti quanti di noi sanno di questo? Pochi. Sono rimasti pochi esemplari di questo laborioso e caparbio animale. L’asino è scomparso dalla terra, dai paesi e persino dai racconti. Le nuove generazioni non l’hanno mai visto, se non in qualche documentario, i vecchi lo relegano negli angoli più remoti della memoria, perché l’animale evoca fatica e sudore, di pane duro e paglia. A scuola era simbolo del disprezzo per gli studenti meno inclini allo studio e poco diligenti, ma più al gioco. Ci sono tracce già nel Neolitico, si era fatto carico di tutti i pesi, concorrendo alla creazione di civiltà sia in Oriente che in Occidente. Tanti progetti hanno trasportato le sue bisacce. Lo si trova, ancora in qualche aerea depressa del Mondo. Povero tra i poveri, sopravvive a stenti. Lui usato per ogni tipo di servizio, l’animale del solidale connubio assieme al mulo (altro animale domestico in fase di estinzione) col fante di montagna, l’alpino. Il Comune di Marsala ha ritenuto opportuno e ha voluto innalzare un monumento a dimostrazione della secolare riconoscenza per la collaborazione svolta con silenziosa umiltà. Importante quanto la ruota che senza di lui non poteva girare. Rischia di essere ricordato soltanto nei libri. A rischio scomparsa anche i ragli, i calci tirati da dietro ai molestatori. Si porta dietro un vocabolario di parole, tanti significati , la metafora, il Pinocchio di chi è stato bambino qualche decennio fa.
Da tempo era scomparso il mulo suo figlio, frutto di un amore innaturale tra di lui, lo scalcinato della terra, e la cavalla, della nobile razza dei destrieri atleti infaticabili dei campi di battaglia. Nessuno ricorda più il bardotto, incrocio fra un cavallo ed un’asina, animale possente dal garrese alto usato dagli nostri Alpini. Trasportavano di tutto, dai viveri ai cannoni. Un obice veniva smontato e caricato dagli Alpini artiglieri su cinque muli. È scomparso il maestoso asino di Martina Franca, quello ragusano e il pantesco. Sta di fatto che l’asino non c’è più. La colpa deve essere sicuramente di qualcuno. Viene facile dire della modernità.
Ritornando al quadrupede, ci si è accorti con molto ritardo, forse in tempo, per scongiurare la definitiva estinzione. Dall’asina si ottiene un latte particolare, tollerato da coloro, e sono molti in modo particolare tra i neonati, che sono allergici al latte di altri animali. Il suo latte è molto simile a quello umano, ma meno ricco di grassi e, quindi molto digeribile. Adatto anche agli adulti che soffrono di particolari problemi intestinali e di aterosclerosi per la presenza in modo prevalente di acidi polinsaturi. Un suo enzima, presente anche nelle lacrime e nella saliva, il lisozima, ha un’azione fortemente antibatterica. Da qui si spiega perché gli animali usavano leccarsi le ferite e tra l’atro metafora usata dagli uomini. Un’asina produce al giorno poco più di un litro e mezzo di latte per sei sette mesi all’anno e costa molto caro a tal punto di paragonarlo ad uno dei metalli più preziosi. Avrebbe mai potuto immaginare Apuleio che dopo duemila anni il suo “Asino d’oro” sarebbe diventato veramente tale?.
A tal proposito stanno fiorendo tante iniziative a sostegno dell’allevamento del quadrupede, perché in oltre è utilizzato per l’onoterapia che è l’equivalente dell’ippoterapia. Si può affermare che grazie a questo ritrovato “interesse economico” sarà evitato totalmente la scomparsa dell’asino.
Leonforte - vie cittadine
agosto 2007

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